FK TUZLA CITY: IL CALCIO, IL FIORE DI SREBRENICA E LA MEMORIA

 Azmir Husic è un imprenditore bosniaco che ha costruito la propria fortuna negli Stati Uniti, dov'è espatriato nel 1998, dopo esser sopravvissuto alla tragedia di Srebrenica. Originario di Glogova, Husic aveva trovato riparo nell'enclave "protetta" e si era arruolato a soli 14 anni nell'Armija (l'esercito della Repubblica di Bosnia Erzegovina). Scampato al massacro di Srebrenica, come moltissimi altri profughi era poi giunto a Tuzla e da lì, nel 1998, era appunto emigrato negli USA, dove ha fondato la ditta di autotrasporti "BIH EXPRESS". Tifoso storico dello Sloboda, una volta divenuto imprenditore di successo, ha deciso di sostenere il club, investendo denaro e diventandone il presidente tra il 2013 e il 2016. Quando, poi, sono subentrati problemi societari, Husic ha deciso di abbandonare lo Sloboda e di acquisire un piccolo club di Simin Han, villaggio prossimo a Tuzla, cambiandone il nome da Sloga a FK TUZLA CITY e portandolo nella massima seie, dove quest'anno ha conquistato il secondo posto dietro lo Zrinjski Mostar (per l'Erzegovina questo è un anno d'oro: l'altro club di Mostar, il Velez, ha appena conquistato la Coppa di Bosnia).

In Bosnia Erzegovina il calcio è tutto: veicola simboli, passioni, appartenenze e ideologie. Sarajevo e Mostar hanno i loro storici, infuocati, spesso violentissimi derby e quando nel campionato bosniaco (di nuovo unificato dal 2002) si incrociano squadre croate, serbe, bosgnacche, l'ordine pubblico è sempre fortemente a rischio. A Tuzla, fino a poco tempo fa, esisteva soltanto lo Sloboda, squadra legata all'immagine multietnica e nostalgica della città: il suo simbolo, un pallone all'interno di una stella rossa, così come il suo stesso nome (Sloboda significa "libertà") sono un inno alla vecchia Jugoslavia titoista. 

L'FK Tuzla city, invece, è una squadra dichiaratamente legata alla componente bosgnacca, i cui tifosi non provengono tanto da Tuzla ma dalla valle della Drina, ad est di Tuzla, da quelle comunità bosgnacche distrutte dalla pulizia etnica serbo-bosniaca negli anni 90, che hanno spesso conosciuto Tuzla per la prima volta da profughi, proprio come il presidente Azmir Husic. Con una scelta coraggiosa, Husic ha inserito nello stemma del Tuzla City il fiore di Srebrenica, simbolo del genocidio e del memoriale di Potocari in cui sono sepolti oltre 8000 bosgnacchi. Inoltre, nel medesimo stemma campeggia anche il giglio bianco, simbolo dell'Armija e dell'antica dinastia bosniaca dei Kotromanic (esso rappresentava la prima bandiera della Bosnia Erzegovina dopo l'indipendenza).

Conosco molto bene la città di Tuzla e sono convinto che questa connotazione decisamente "monoetnica" del FK Tuzla City non sarà motivo di radicali scontri e divisioni, ma anzi porterà ad un arricchimento. Il tempo, purtroppo, passa e l'anima operaia e solidale di questa città si è dovuta fondere con quella triste e malinconica del dopoguerra: trasformata in un grande campo profughi, Tuzla nell'immediato dopoguerra ha raccolto tutto il dolore e la disperazione, ma anche il desiderio di rinascita e rivalsa, degli scampati al genocidio e alla pulizia etnica. Ora queste due anime si incontrano, più che scontrarsi, in un nuovo derby bosniaco che vede momentaneamente in posizione di forza i bianco-blu (qui l'ultimo confronto tra City e Sloboda dell'11 maggio).



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