DA BELGRADO A BANJA LUKA: COSA SUCCEDE NELLA SERBOSFERA

 L'area a maggioranza serba dei Balcani occidentali (Serbia vera e propria e Repubblica Serba di Bosnia) vive un periodo molto turbolento, che inizia a destare anche serie preoccupazioni visto il complicato contesto internazionale. 

In Serbia, un imponente e trasversale movimento antigovernativo tiene sulle spine il presidente Aleksandar Vucic da ormai diversi mesi. Le varie fasi di questa vicenda, iniziata con le proteste seguite al crollo di una pensilina nella stazione di Novi Sad, in cui il primo novembre 2024 hanno perso la vita 15 persone, sono molto ben riassunte in questo articolo di Maddalena D'Aquilio.

Dopo le dimissioni di due ministri e del primo ministro Vucevic, che non sono servite a placare le proteste di piazza, sembra che ora si sia entrati in una fase nuova e decisamente più opaca. Da parte governativa, il presidente Vucic ha iniziato a riferirsi sempre più spesso al movimento come ad una "rivoluzione colorata" sostenuta da attori esterni, il che ha portato a conseguenze pratiche quasi immediate: l'irruzione della polizia nelle sedi di ONG collegate a USAID, ad esempio, e anche la proposta di una legge sugli "agenti stranieri". La Fiera Internazionale della mobilità dell'Europa sud-orientale, che doveva tenersi a Belgrado il 24-25 aprile, è stata annullata perchè gli espositori provenienti da Paesi UE ritenevano non sussistessero le condizioni di sicurezza, dato che le autorità li definiscono di fatto nemici (ricordiamo, tra l'altro, che la Serbia stessa è un Paese candidato all'adesione alla UE).

Quando pochi giorni fa il parlamento di Belgrado si è riunito per la prima sessione del 2025, le tensioni dalla piazza si sono trasferite all'aula con scene incredibili: l'opposizione ha cercato di interrompere i lavori con fumogeni, razzi e petardi, mentre dai banchi del governo piovevano accuse di agire per conto di Albania e Bosnia, ma anche i soliti appellativi "Ustasa" (nazionalisti croati). E' da specificare che il movimento di piazza, fino ad ora, è sempre stato assolutamente pacifico e che gli incidenti scoppiati in aula non lo coinvolgono direttamente, anzi potrebbero danneggiarne pesantemente l'immagine.

Nel pieno di questo turbolento periodo per la Serbia, è arrivata in Bosnia Erzegovina la condanna in primo grado al presidente della Repubblica Serba di Bosnia, Milorad Dodik (1 anno di carcere e 6 di interdizione dai pubblici uffici) per disconoscimento dell'autorità e disobbedienza all'Alto Rappresentante. La sera stessa della condanna, il presidente serbo Vucic è volato a Banja Luka per mostrare a Dodik la propria vicinanza e la politica bosniaca si è subito infiammata. Lo scontro tra le autorità centrali di Sarajevo e quelle di Banja Luka ha assunto toni molto alti, con Dodik che non solo ha dichiarato di rifiutare la sentenza ma anche di continuare a considerare illegittima la nomina dell'Alto Rappresentante (il tedesco Christian Schmidt), minacciandolo addirittura di arresto qualora si recasse sul territorio amministrato da Banja Luka.

I toni della politica bosniaca, dominata da partiti nazionalisti e clientelari, sono in realtà sempre molto alti e i cittadini bosniaci sembrano preoccupati di altre cose, ad esempio il vertiginoso aumento dei prezzi di beni anche di prima necessità, che ha reso il costo della vita insostenibile. Tuttavia gli ultimi sviluppi, con la chiusura per motivi di sicurezza del memoriale di Srebrenica (mai avvenuta prima) e l'invio di rinforzi alla missione militare di stabilizzazione EUFOR, non lasciano tranquilli. Da ricordare anche che il contesto internazionale è complicato: la Russia appoggia apertamente i serbi (sia di Belgrado che di Banja Luka), mentre gli USA di Trump si schierano in modo deciso con le autorità di Sarajevo in Bosnia, tacendo sulle faccende belgradesi.



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