SERBIA: LA POLIZIA CONTRO USAID, VUCIC A BANJA LUKA
La Serbia e il mondo serbo all'interno dell'area ex-jugoslava vivono un periodo di grande fermento da mesi, e la situazione si è fatta particolarmente complessa negli ultimi due giorni con una serie di risvolti anche sul piano internazionale.
La giornata di mercoledì era terminata col precipitoso viaggio notturno del presidente serbo Vucic a Banja Luka, capoluogo della Repubblica Serba di Bosnia, per manifestare personalmente la propria vicinanza al presidente Milorad Dodik, condannato in primo grado ad un anno di carcere e sei di interdizione dai pubblici uffici per disobbedienza nei confronti dell'Alto rappresentante, istituzione non riconosciuta dal governo della RS ma fondamentale nella complessa architettura della Bosnia Erzegovina uscita dagli accordi di pace di Dayton. Le reazioni alla sentenza del tribunale di Sarajevo non si sono fatte attendere neppure da Mosca, dove il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha avvertito delle conseguenze negative che essa potrà avere non solo per gli equilibri della Bosnia Erzegovina, ma anche di tutti i Balcani.
E' innegabile che la sentenza di Sarajevo, pur priva di effetti immediati in quanto di primo grado, potrebbe aprire una fase di grande instabilità ed incertezza: anche se in questa parte del mondo spesso a toni alti corrispondono atti modesti (e viceversa), la situazione sta arrivando al livello di guardia: l'Alto rappresentante Carl Schmidt, che le autorità della RS hanno più volte minacciato di arresto qualora si recasse sul territorio sotto il loro controllo, non è riconosciuto come legittimo nè dalla Serbia nè dalla Russia, grandi protettori di Dodik. La sentenza di Sarajevo rappresenta per la Bosnia Erzegovina un passo in avanti nel percorso per diventare un vero stato di diritto, ma le sue istituzioni saranno in grado di resistere alle pressioni esterne? Lo si potrà capire meglio nei prossimi mesi.
Intanto, se la Russia fa sentire la sua voce sui fatti bosniaci, gli Stati Uniti entrano più o meno direttamente nel caos belgradese. Volando verso Banja Luka, il presidente serbo Vucic si è infatti lasciato dietro una Serbia in rivolta da mesi contro il suo governo con un multiforme movimento guidato dagli studenti, che sta semi-paralizzando il Paese. Oggi la polizia serba, in perfetta coerenza con il taglio di fondi alle agenzie di USAID deciso da Trump e Musk, ha fatto irruzione nelle sedi di quattro ONG che da USAID ricevevano fondi. Si tratta in tutti e quattro i casi di organizzazioni che si occupano di diritti civili, diritti umani, rispetto dei principi democratici. Questa mossa, favorita appunto dal contesto internazionale, potrebbe rappresentare un salto di qualità nelle politiche repressive nei confronti del movimento anti-governativo, dopo l'arresto nei giorni scorsi di cinque attivisti a Novi Sad.
Silenzio totale a Bruxelles: il movimento di questi mesi non ha mai utilizzato simboli che richiamino la UE, ma la Serbia è comunque un Paese candidato. Ora la vicenda di USAID potrebbe fornire un valido pretesto per rafforzare le accuse al movimento di "ingerenze straniere", un po' come accaduto anche in Slovacchia, dove il presidente Fico ha insinuato che i fondi di USAID vengano utilizzati con fini politici, al fine di favorire alcuni partiti (probabilmente dell'area di sinistra-progressista).
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