LA REPUBLIKA SRPSKA AVVIA LA “DISSOCIAZIONE PACIFICA”

 Viene chiamata “dissociazione pacifica”, utilizzando una formula che dovrebbe suonare forse tranquillizzante, ma ovviamente non lo è per nulla. In base agli accordi di Dayton, con cui terminò il conflitto bosniaco del 1992-95, e anche in base alla Costituzione del Paese, non esiste alcuna possibilità che le due entità di cui si compone la Bosnia Erzegovina (Federazione BIH e Republika Srpska) si separino dando vita a due Stati autonomi. Di fatto, a Banja Luka ( la capitale dell’entità serba di Bosnia) si è sempre parlato di secessione e di successiva unione alla Serbia. Erano parole spesso anche violente, minacciose, ma vuote: parole che rientravano nel gioco misero e pericoloso di una politica interamente in mano ai partiti etnico-nazionali. Oggi i toni sono in apparenza più soft: il leader dei serbo-bosniaci Milorad Dodik, ormai diventato impresentabile sulla scena europea ed occidentale, non si esprime con minacce verso la Federazione ma parla appunto della necessità di una separazione consensuale e di una coesistenza pacifica. Naturalmente si tratti di una strategia per far passare Sarajevo dalla parte del presunto fanatismo e liberticidio: proporre con parole politicamente corrette qualcosa che è impossibile fare, per poi addossare la colpa di un eventuale conflitto all’altra parte. Questa strategia deve preoccupare moltissimo, perché sembra rimandare a un disegno più ampio e all’esistenza di sostegni a Banja Luka in passato inesistenti: quello della Serbia di Vucic e quello della Russia di Putin. Certo, a parole la Serbia e la Russia hanno sempre sostenuto Banja Luka, ma senza una reale volontà di rimettere in discussione il puzzle geopolitico dei Balcani. 

Oggi, purtroppo, il desiderio di protagonismo russo, unito all’ ambiguità serba nella scelta tra Europa ed oriente, rendono effettivo ed immediato il pericolo di uno sconvolgimento del precario equilibrio balcanico, dove i pretesti per “guerre per procura” non mancano mai e naturalmente i punti più a rischio sono Bosnia Erzegovina e Kosovo. La comunità internazionale non dovrebbe sottovalutare i molti segnali di un cambio di passo (verso il burrone): oltre all’avvio della cosiddetta “dissociazione pacifica” a Banja Luka anche la retorica belgradese sul Kosovo: nella capitale serba il 27 giugno le autorità hanno annullato il festival di cultura serbo-kosovara “Miredita, Dobar dan”, sempre contestato dai nazionalisti ma svoltosi già molte volte con grande partecipazione di pubblico; all’annullamento sono seguite poi minacce agli organizzatori, mentre nei comuni serbi del Nord Kosovo comparivano manifesti con l’immagine di Vucic armato e la scritta “Ti aspettiamo comandante”.

Qui un articolo in inglese di Sofia Todorovic, organizzatrice di “Miredita, Dobar Dan”

Qui un articolo di HuffPost sulla cosiddetta “dissociazione pacifica” di Banja Luka 



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