STOP AL PETROLIO RUSSO: ALTA TENSIONE IN SERBIA
Il presidente della Serbia, Aleksandar Vucic, e la prima ministra Ana Brnabic, accusano apertamente la Croazia di usare per scopi politici la propria adesione al nuovo pacchetto di sanzioni europee contro Mosca. Tale pacchetto, infatti, prevede tra le altre cose la chiusura dei rifornimenti petroliferi russi attraverso l'oleodotto Janaf, che passa in territorio croato, ma al quale attinge abbondantemente la Serbia. La premier serba Ana Brnabic ricorda che Belgrado paga tra i 45 e i 48 milioni di euro all'anno per l'utilizzo dell'oleodotto e che i pagamenti sono puntuali ed accusa Zagabria di voler influire pesantemente sugli equilibri interni e le decisioni politiche di Belgrado, dato che a causa dell'inaffidabilità croata ora sarà necessario importare soltanto petrolio non russo, con un incremento dei costi che verrà pagato dai cittadini serbi. Naturalmente, il bersaglio delle critiche di Brnabic non è soltanto la vicina Croazia, ma l'intera politica dell'Unione Europea, spesso accusata anche dal presidente Vucic di voler isolare e punire la Serbia per la sua mancata adesione alle sanzioni contro Mosca.
La situazione attuale a Belgrado è confusa e difficile da inquadrare. Il Paese, dove si è votato in aprile, non ha ancora un governo e fino ad oggi il suo presidente Vucic (che le elezioni le ha vinte, ma ne è comunque uscito indebolito e pericolosamente dipendente dall'estrema destra) è finora rimasto sospeso tra lo storico legame con la Russia ed il cammino verso l'adesione alla UE, ora fortemente in discussione. Non avendo mai aderito alle sanzioni contro Mosca, Belgrado ha rappresentato un elemento di instabilità nei Balcani, ma anche una "porta aperta" e un possibile mediatore in un dialogo (che però ad oggi non esiste) tra Unione Europea e Russia. Non è escluso che l'atteggiamento attendista di Vucic si fondasse anche sulla speranza (mal riposta) che il conflitto in Ucraina fosse di breve durata e che le armi avrebbero presto lasciato il campo alla diplomazia. La guerra però prosegue, anzi sale di intensità, e Belgrado continua ad apparire una città schizofrenica: i voli Air Serbia (l'unica compagnia europea ad avere ancora collegamenti diretti con la Russia) scaricano giovani russi in fuga dalla leva, mentre giganteschi cartelloni esibiscono auguri di buon compleanno a Vladimir Putin per le strade della capitale serba.
Difficile dire cosa porterà a Belgrado questo autunno senza più petrolio russo, ma difficilmente sarà qualcosa di buono.
Commenti
Posta un commento