SRPSKI BLOK: UN NUOVO PARTITO PER LA SERBIA SENZA GOVERNO

La Serbia, dove si è votato in aprile, non ha ancora un governo e non è detto che il presidente Vucic e la premier Ana Brnabic riescano a formarlo nemmeno entro fine settembre. In compenso, Vucic ha dichiarato a fine agosto che al Paese serve un "blocco serbo" (Srpski Blok) che agisca per la difesa degli interessi del popolo serbo. Un partito nuovo? Una coalizione? Non è ancora dato, esattamente, saperlo. Una delle prime analisi della natura di questo Srpski Blok si poteva rintracciare sul quotidiano progressista serbo Danas già il 31 agosto scorso (qui l'articolo).

La Serbia si trova oggi in una posizione debole e complicata, stretta tra gli storici legami culturali, politici ed economici con la Russia e le aspirazioni europee. Nei mesi trascorsi senza governo, a Belgrado non si sono certamente annoiati: la primavera degli allarmi bomba continui (sui voli per la Russia, nelle scuole e negli uffici pubblici soprattutto) è sfumata nell'estate della tensione in Kosovo e del grave incidente diplomatico con la Croazia sulla mancata visita del presidente serbo Vucic a Jasenovac. Entrambi i temi presentano varie sfumature e torbidi retroscena.

La questione del Kosovo, legata alla reciprocità del riconoscimento di targhe automobilistiche e documenti serbi e kosovari ai due lati del confine (confine che Belgrado non riconosce, continuando a ritenere il Kosovo una propria provincia) è storia vecchia e di scarsa importanza, più che altro amministrativa, eppure nel mese di agosto ha riacceso proteste e minacce. D'altra parte, come grande arma di distrazione di massa, il Kosovo è sempre pronto per Belgrado e l'annuncio di Pristina sull'entrata in vigore delle nuove norme si prestava benissimo allo scopo. 

Difficile da interpretare è stato anche l'improvviso desiderio del presidente serbo Vucic, il 17 luglio, di visitare "privatamente" il campo di concentramento di Jasenovac in Croazia, luogo di terribili nefandezze da parte degli Ustasa durante il secondo conflitto mondiale. A causa dei tempi strettissimi di comunicazione, questa visita è stata considerata dalle autorità croate fuori da ogni protocollo e di conseguenza negata, con conseguenti reazioni indignate da parte di Belgrado. Sarà un caso, ma solo poche ore prima dell'improvvisa decisione di Vucic sulla visita a Jasenovac, un aereo cargo Antonov, di una compagnia aerea ucraina, era precipitato insieme al suo equipaggio e al suo carico di armi nel nord della Grecia. Secondo le autorità greche, l'aereo in questione era partito proprio dalla Serbia ed era diretto in Giordania e la versione ufficiale recita che le 11 tonnellate di armi fossero destinate al Bangladesh. Il fatto però che l'aereo appartenesse ad una compagnia ucraina e che tutti gli otto membri dell'equipaggio (morti nello schianto) fossero ucraini lascia qualche legittimo dubbio. Forse l'opinione pubblica serba doveva esser invitata ad indignarsi per un incidente diplomatico con la Serbia, piuttosto che a chiedersi perchè un aereo con quelle caratteristiche fosse partito dalla Serbia e sfortunatamente precipitato?

Chi volesse approfondire queste tracce, trova due ottimi articoli da East Journal, sulla situazione politica serba in generale e sulle vicende estive.

Buona lettura

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