IN FUGA DALLA BOSNIA ERZEGOVINA: NON E' UN PAESE PER GIOVANI

Non è certamente una novità, ma il fenomeno della corsa all'abbandono della povera Bosnia Erzegovina sta assumendo connotati paradossali, direi quasi grotteschi. Vorrei segnalarvi un paio di articoli dal portale OBCT, strettamente connessi tra loro. 

Il primo, di Ermin Zatega (originariamente apparso su Radio Slobodna Evropa), ci racconta come la Bosnia Erzegovina abbia molte più scuole che alunni , dato che sempre più spesso sono intere famiglie ad emigrare in cerca di lavoro e di migliori condizioni di vita.

Mentre dunque i bosniaci se ne vanno, e gli insegnanti restano senza alunni, le imprese locali si trovano senza manodopera e devono ricorrere a quella straniera. Il fenomeno riguarda entrambe le entità del Paese (FBIH e RS), ma è particolarmente esteso in Republika Srpska, dove si stima che nei prossimi tre-quattro anni potrebbero servire fino a 50mila lavoratori stranieri (a fronte di attuali 360mila disoccupati locali) in svariati settori, dall'edilizia al commercio, fino alla ristorazione. La politica dell'entità serba è costantemente messa sotto pressione per alzare il tetto dei permessi di lavoro e rendere più semplici le relative pratiche (qui l'articolo di Arman Fazlic).

Tutto questo, in un Paese dove ormai la guerra è finita da trent'anni, un Paese dal quale fuggono anche tante famiglie che, nel dopoguerra, ci erano tornate. La corruzione, il clientelismo, la perenne strategia della tensione che non permette di programmare un futuro "normale": tutto questo, infine, ha strangolato la Bosnia Erzegovina, rendendola una terra disgraziata per chi la abita e una fabbrica di lavoro a tempo determinato per chi non la conosce.

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