SERBIA PARANOICA, TRA ALLARMI BOMBA E STALLO POLITICO

 La primavera belgradese, dolce ed indolente come sempre, è attraversata quest'anno da un sentimento di preoccupata attesa, vagamente tendente alla paranoia. Ad ormai più di un mese dalle elezioni, tutto tace sulla formazione del governo, sulla costituzione del nuovo parlamento, sulla composizione del nuovo consiglio comunale di Belgrado. Questa situazione politica, descritta nei dettagli nel lungo e dettagliato articolo di Antonela Riha per OBCT, rispecchia le laceranti divisioni che percorrono la stessa popolazione serba. 

Aleksandar Vucic, eletto presidente per la seconda volta, ha stipulato un patto col diavolo accettando l'appoggio, fondamentale, dell'estrema destra filorussa. Ora si trova in una situazione a dir poco imbarazzante, oggetto di pressioni opposte e contrastanti: il percorso di integrazione europea richiederebbe l'approvazione di sanzioni alla Russia e la ripresa delle trattative con Pristina sullo status del Kosovo, ma entrambi questi temi sono tabù per quella destra che, sola, è in grado di garantire all'SNS di Vucic la governabilità (più malleabile, forse, la posizione dei socialisti di Ivica Djacic, filorussi a parole ma forse disponibili a ripensarci in cambio delle dovute poltrone).

Quando non sai cosa fare e domina la paura di compiere qualsiasi mossa, anche l'attesa diventa una strategia. Ma, volenti o nolenti, anche nell'attesa le cose continuano a succedere. Succede allora che i palazzi belgradesi siano pieni di Z disegnate con lo spray, e che nessuno si dimostri ansioso di cancellarle. Succede anche che lo zio Vladimir spiazzi i suoi fedelissimi in Serbia additando il Kosovo come esempio per l'autodeterminazione (leggi: indipendenza) delle repubbliche filorusse nel Donbass, un fatto inaudito dal momento che fino ad oggi uno dei pilastri della collaborazione russo-serba era stata proprio la garanzia che Mosca (con diritto di veto nel Consiglio di sicurezza dell'ONU) mai avrebbe riconosciuto l'indipendenza del Kosovo, proclamata da Pristina nel 2008.

Succede, poi, che Belgrado entri in uno stato di ansia e fibrillazione per i continui allarmi bomba. Prima è toccato ai velivoli di Air Serbia (praticamente l'unica compagnia europea a volare ancora da e per la Russia); poi è stata la volta delle scuole (il fenomeno ha riguardato anche il Montenegro); infine, ieri, si sono susseguiti allarmi bomba in tutta la capitale (sui fatti di ieri si veda questo articolo da N1). Il ministro dell'Interno, Vulin, non ha affatto minimizzato questi episodi, anzi ha soffiato sul fuoco della paranoia, dichiarando che sarebbe in corso una "guerra speciale" contro la Serbia, condotta con attacchi organizzati e costosi provenienti da non meglio precisati Paesi europei, con lo scopo di indurre Belgrado a rinunciare alla propria politica autonoma. Che, parere personale, non si sa neppure quale sia...ma tant'è...la primavera belgradese è questa.



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