Questa settimana a Kafana ci impegneremo soprattutto a coltivare la memoria, perchè "quello che non doveva mai più accadere" in Bosnia Erzegovina è accaduto, eccome.
La lunga attesa post elettorale, dovuta al riconteggio dei voti, è finita: la CEC (commissione elettorale centrale) ha certificato la vittoria di Milorad Dodik per la carica di presidente della RS. Ricordiamo che la sera del 2 ottobre a dichiarare vittoria era stata la candidata di opposizione, Jelena Trivic, mentre il mattino successivo lo aveva fatto Dodik. Da lì, si è passati alle manifestazioni di piazza e alla richiesta (accolta) di un riconteggio delle schede da parte della CEC. Non si può certo dire che tale operazione di riconteggio si sia svolta in un clima sereno, date le minacce ricevute da alcuni membri (in particolare Vanja Bjelica Prutina, che aveva dichiarato di non sentirsi più sicura in RS) e i discorsi incendiari di Dodik, che al raduno del "suo" popolo aveva minacciato di portare la protesta a Sarajevo. Subito dopo l'elezione ufficiale, Dodik ha cambiato completamente registro, inviando un messaggio conciliante a politici ed elettori della RS ( qui l
Nonostante la campagna elettorale bosniaca sia stata noiosa e insignificante sotto molti punti di vista, i primi risultati delle elezioni sono piuttosto scoppiettanti. Prima di tutto, a Sarajevo si celebra la vittoria di Denis Becirovic per il posto bosgnacco alla presidenza tripartita. Una vittoria che non esitiamo a definire storica, dato che nel dopoguerra questa carica era sempre stata appannaggio dell'SDA dello sconfitto Bakir Izetbegovic. Denis Becirovic , socialdemocratico, si è presentato alla guida di una coalizione di ben 11 partiti, uniti principalmente dal desiderio di porre fine al "sistema" Izetbegovic. Nelle sue prime dichiarazioni, Becirovic ha usato parole molto forti ed assolutamente inconsuete nella politica bosniaca: ha invitato tutti i cittadini ad unirsi, ha ricordato (fatto davvero sbalorditivo) che la Jugoslavia 32 anni fa era una potenza e che gli anni '90 hanno lasciato strascichi terribili, inviando un messaggio di pace e collaborazione a Se
Sei attivisti bolognesi di Labas (quattro ragazze e due ragazzi, di età compresa tra i venti e i trent'anni) sono stati fermati dalla polizia bosniaca vicino alla città di Bihac, portati in caserma, interrogati per ore ed infine espulsi con foglio di via dal Paese, con l'accusa di "attività umanitaria illegale". Gli attivisti, al momento del fermo da parte della polizia bosniaca, stavano distribuendo acqua, docce e medicinali antiscabbia ad alcuni migranti afghani in un accampamento informale. Come noto e come raccontato anche qui sul blog , la zona di Bihac è una delle più interessata dallo stazionamento di migranti, soprattutto afghani, che tentano poi di attraversare il confine con la Croazia, spesso molte volte e senza successo. Attualmente, la politica delle autorità locali è quella di impedire ogni insediamento informale, facendo convergere i migranti nel campo gestito dallo stato bosniaco insieme ad UE ed OIM, che si trova a 40 km dal confine e a molte ore da
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