Questa settimana a Kafana ci impegneremo soprattutto a coltivare la memoria, perchè "quello che non doveva mai più accadere" in Bosnia Erzegovina è accaduto, eccome.
La lunga attesa post elettorale, dovuta al riconteggio dei voti, è finita: la CEC (commissione elettorale centrale) ha certificato la vittoria di Milorad Dodik per la carica di presidente della RS. Ricordiamo che la sera del 2 ottobre a dichiarare vittoria era stata la candidata di opposizione, Jelena Trivic, mentre il mattino successivo lo aveva fatto Dodik. Da lì, si è passati alle manifestazioni di piazza e alla richiesta (accolta) di un riconteggio delle schede da parte della CEC. Non si può certo dire che tale operazione di riconteggio si sia svolta in un clima sereno, date le minacce ricevute da alcuni membri (in particolare Vanja Bjelica Prutina, che aveva dichiarato di non sentirsi più sicura in RS) e i discorsi incendiari di Dodik, che al raduno del "suo" popolo aveva minacciato di portare la protesta a Sarajevo. Subito dopo l'elezione ufficiale, Dodik ha cambiato completamente registro, inviando un messaggio conciliante a politici ed elettori della RS ( qui l
Non scrivo più su questo blog da circa sette mesi, per molti motivi. La mancanza di tempo, certo, ma anche la noia: nei Balcani di nuovo succede ben poco, perciò ogni tanto capitano crisi da rigetto. Non è la prima volta che mi succede, spesso poi guarisco. Stasera non scrivo per riepilogare qualcosa: fa tutto schifo come sette mesi fa, da Dodik al Kosovo, dalle turbolenze belgradesi agli affaristi montenegrini. Stasera scrivo per ricordare l'amica e maestra Irfanka Pasagic, alla vigilia del primo 11 luglio senza di lei. Ho conosciuto davvero gli eventi dell'11 luglio 1995 dalla sua voce cantilenante ed arrochita dal fumo. Dico che li ho conosciuti davvero, perché prima sapevo, ma non conoscevo. Arrivata lei stessa profuga da Srebrenica nel 1992, Irfanka aveva trascorso tutti gli anni della guerra a Tuzla, dove aveva messo subito la propria professionalità di neuropsichiatra infantile al servizio di donne e bambini vittime di disturbi da stress post traumatico. Non era una pers
La situazione di tensione permanente che caratterizza il Kosovo da ormai molti mesi è degenerata domenica in un grave incidente, che purtroppo ricorda da vicino le prime fasi dei conflitti nella ex Jugoslavia degli anni Novanta. Un gruppo di uomini ben armati e militarmente addestrati ha teso un'imboscata ad una pattuglia della polizia kosovara nel nord del Paese, vicino al villaggio di Bjasnica. Dopo che nell'attacco un poliziotti kosovaro è rimasto ucciso, numerosi uomini armati si sono barricati in un monastero ortodosso serbo, dando luogo ad una sparatoria con le forze di polizia kosovare. Lo scambio di colpi di arma da fuoco è cessato solo dopo diverse ore, lasciando a terra tre morti tra i serbi e diversi feriti tra i poliziotti kosovari. Il giorno dopo, lo scambio di accuse è stato feroce: il premier Kosovaro, Kurti, ha chiamato in causa direttamente la Serbia accusandola di aver armato, addestrato e sostenuto i "terroristi" responsabili dell'imboscata. Il
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