IL TRAUMA COLLETTIVO DI UNA GENERAZIONE: LA GUERRA SECONDO LEJLA KALAMUJIC


 Il padre bosgnacco, la madre (persa quando aveva solo due anni) serba, un'identità costruita nello spirito jugoslavo degli anni Ottanta e improvvisamente mandata in frantumi dalla guerra. Balcan Insight pubblica sul suo portale una bella intervista alla scrittrice bosniaca Lejla Kalamujic, di cui potete trovare qui un breve ritratto.

La guerra come trauma collettivo di una generazione, la perdita delle origini e delle sicurezze, la malattia e il disagio mentale, sono tutti temi fortemente presenti nell'opera di questa scrittrice, di cui possiamo consigliarvi, in italiano, la raccolta di racconti brevi "Chiamatemi Esteban", in uscita il 27 gennaio.

"Mi sentivo come se la mia identità mi avesse tradito": così Lejla Kalamujic ricorda il dopoguerra degli anni Novanta, quel momento in cui tutti, passata la fase della pura e semplice lotta per la sopravvivenza, si trovarono a fare i conti con ciò che di loro e della propria storia era rimasto. Qualcuno, come lei, una risposta ed una cura ha provato a cercarla nella scrittura, moltissimi altri non l'hanno mai trovata, tanto che tutti i traumi di quei terribili anni Novanta sono ancora vivi nella Bosnia Erzegovina di oggi.

Vi rimando alla lettura integrale dell'intervista qui disponibile, col rammarico di non poter al momento leggere in italiano gran parte dell'opera di questa autrice, tra cui il recente "Hurry up and invent a town", dedicato ad un tema su cui pochi hanno avuto la forza ed il coraggio di scrivere in Bosnia Erzegovina: gli stupri perpetrati durante la guerra e la vita dei bambini nati da quelle violenze.

Buona lettura.



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